di Alessandro Pratesi
giugno 2023
Se fosse vera la narrazione dell’Agenzia delle Entrate potremmo concludere che, finalmente, le norme fiscali non sono più un dedalo inestricabile di complicati concetti. Così non è, purtroppo. Si legge, sul sito istituzionale, a proposito del modello 730 precompilato, che tale dichiarazione rappresenta un cambio di paradigma nel rapporto tra cittadini e Fisco. Prima il contribuente autodichiarava i propri redditi, gli oneri detraibili e deducibili e poi l’Agenzia li controllava. Con la dichiarazione precompilata, invece, i dati sono proposti dall’Agenzia in dichiarazione e il contribuente può accettarla, integrarla o modificarla. Chi accetta direttamente la dichiarazione proposta dall’Agenzia o la modifica tramite intermediari fiscali, con il visto di conformità, è escluso dai controlli documentali: insomma, si magnifica la semplificazione, alla quale si aggiungerebbe la trasparenza e la correttezza nel rapporto tributario. Non solo: è disponibile anche una guida per accompagnare i cittadini nell’utilizzo del modello precompilato 2023, allo scopo di offrire informazioni precise, dettagliate e, appunto, “semplici”.
Almeno in apparenza, una rivoluzione. Pubblicizzata da anni e, tuttavia, lontanissima dall’essere realizzata. Ebbene, argomenti del genere devono essere affrontati senza pregiudizio; tuttavia, non può passare sotto silenzio quello che, in concreto, è seguito a tali promesse, di fatte rimaste lettera morta. Alcuni numeri, oggettivi e non opinabili, possono testimoniare che, come recita il titolo, la semplificazione fiscale è solo una chimera. Nel solo mese di giugno, nel periodo che va dal 15 al 30, lo scadenzario fiscale, certificato dalla stessa Agenzia delle Entrate, prevede ben 105 (!) scadenze tra ritenute, Iva, Ires, imposte sostitutive e altro ancora. Quanto ai decantati “730 precompilati”, i numeri raccontano un’altra storia: su circa 23 milioni di modelli, solo 4 milioni sono accettati senza modifica. Ciò significa che oltre 18 milioni sono incompleti o inesatti. Se questo è un successo e un segno di semplificazione, qualcosa, evidentemente, non è chiaro a chi ha la responsabilità di rendere nota l’efficienza del servizio presuntivamente reso ai contribuenti. Da tenere presente, altresì, che nell’ambito dei modelli accettati senza modifica, si tratta di dichiarazioni riguardanti in larga parte dipendenti della pubblica amministrazione, ossia di soggetti che possono contare sull’aiuto di strutture interne, diversamente da quello che accade per i contribuenti privati, i quali, salvo rarissime eccezioni, sono costretti a delegare a terzi – professionisti e CAF – l’esecuzione degli adempimenti proprio a causa della complessità della materia.
Nel frattempo, nonostante il Ministero dell’Economia e delle Finanze avesse annunciato l’impossibilità di proroga dei termini di versamento per “esigenze di gettito”, il 14 giugno è stato comunicato lo spostamento della scadenza per le partite Iva dal 30 giugno al 20 luglio, con possibilità, nei giorni successivi e fino al 31.07.2023, di pagare con la maggiorazione dello 0,40%. Come da consolidata tradizione, prima si nega e poi si concede. Mi sarei sorpreso del contrario.