di Daniela Gori
dicembre 2021
«Qui Kabul, aiutateci! La situazione per molte di noi è drammatica e siamo in pericolo di vita». Sono messaggi accorati che suscitano emozioni dolorose quelli che arrivano via whatsapp a Stefania Paganelli, la parrucchiera che a Quarrata gestisce il salone “Capelli D’effetto” in via Corrado da Montemagno, insieme al marito Antonio Cappiello.
Stefania nel 2012 aveva avuto modo di conoscere un gruppo di donne afghane, quando partecipò a un progetto promosso dalla Paul Mitchell Italia, azienda leader nel settore dei prodotti per capelli, e da Pangea Onlus, una fondazione che dal 2002, lavora per favorire lo sviluppo economico e sociale delle donne e delle loro famiglie. Era stata fatta una selezione per scegliere due parrucchiere italiane legate alla Paul Mitchell, e inviarle in Afghanistan, dove avrebbero insegnato alle loro colleghe di Kabul i segreti del mestiere. Un progetto nato per offrire l’opportunità alle donne afghane di raggiungere l’indipendenza economica e affrancarsi dall’egemonia maschile. Stefania, con la sua comprovata professionalità, oltre che come parrucchiera anche come formatrice e insegnante, ma soprattutto grazie alla sua indole, empatica e rispettosa delle differenze culturali, era stata scelta per questa avventura. La sua storia insomma è simile a quella raccontata nel libro “La parrucchiera di Kabul”, scritto dalla parrucchiera statunitense Deborah Rodriguez.
«Ma stiamo parlando del periodo in cui i Talebani erano sotto il controllo delle truppe dell’Onu. Sebbene si vivesse in un clima di instabilità e l’atmosfera fosse tesa, tanto da dover girare sempre accompagnati e prestando attenzione, è stato comunque possibile portare a termine il nostro progetto» ha raccontato Stefania «di quei giorni ho un ricordo struggente, per i rapporti di amicizia che sono nati. Come donna, ho capito quanto si possa e si debba fare per aiutare altre donne a raggiungere quell’emancipazione che in molti paesi è ancora un miraggio lontano».
Adesso, con il ritorno del regime talebano, tutto è stato vanificato. «Le persone che si erano impegnate per cambiare lo stile di vita delle donne sono adesso maggiormente nel mirino e le donne che avevo conosciuto sono purtroppo rimaste fuori dalle liste che hanno usufruito del cordone umanitario. I loro messaggi di richieste di aiuto fanno stringere il cuore, vediamo se si potrà attivare anche per loro un sistema per metterle al sicuro».