Stefano Marini – il sindaco della Giunta Anomala

Stefano Marini – il sindaco della Giunta Anomala

di Massimo Cappelli

dicembre 2015

In questo numero vi presentiamo Stefano Marini, che con i suoi ben quattordici anni di amministrazione, (1988 – 1989 e 1989 – 2002) ha avuto il secondo mandato più lungo del dopoguerra, dopo Vittorio Amadori. Quarrata fece notizia sulla stampa nazionale perché fu composta una Giunta Anomala, costituita da componenti dell’allora Democrazia Cristiana e del Partito Comunista che governarono insieme. Dopo poco più di dieci anni, proprio qui da noi, si realizzava il sogno del Compromesso Storico di Moro e Berlinguer. Questa “anomalia” politica non poteva che essere condotta da Stefano Marini, poiché, al contrario di molti comunisti di allora, fuori da ogni preconcetto e svincolato da ogni cliché, frequentava sia la Chiesa che la Casa del Popolo.

Come nacque la Giunta Anomala?

Dal dopo Caramelli, Quarrata ebbe coalizioni di comunisti e socialisti, quest’ultimi avevano sempre avuto il sindaco pur non avendo mai avuto la maggioranza dei consensi. Prima delle elezioni, io e Mauro Mari, il mio avversario candidato D.C., facemmo un accordo verbale: il sindaco lo avrebbe fatto chi avesse riportato più voti. Alle elezioni presi qualche centinaio di voti più della Democrazia Cristiana. Avendo avuto solo la maggioranza relativa feci molta fatica a convincere i miei, ad andare all’incontro con i socialisti per trovare un accordo perché non volevano governare con il P.S.I. Durante l’incontro ebbi l’intuizione che i Socialisti avessero già incontrato la Democrazia Cristiana e avevo ragione. Decisero di giocare a carte scoperte, anche perché erano convinti che gli altri accettassero di rieleggere il sindaco socialista, visto che dopo quasi venti anni avrebbero avuto l’opportunità di governare di nuovo Quarrata. Non fu così, perché Mari rispettò l’accordo pretendendo il sindaco. Visto il rifiuto, fecero marcia indietro tornando da noi ad offrirci la maggioranza, sempre però con la pretesa del sindaco. Forti degli accordi presi, spiegammo loro che era inaudito che un gruppo minoritario potesse condizionare la politica e la maggioranza voluta dalla gente. Questo concetto venne fuori benissimo in quello storico consiglio comunale che, grazie a Luciano Michelozzi, fu partecipato da una grande folla in Piazza della Vittoria e trasmesso in diretta su Tele Quarrata. Così iniziò la mia Giunta Anomala e fu una cosa veramente straordinaria, anche se dovemmo respingere non poche pressioni negative da parte della federazione, fu però ben accolta e compresa dalla popolazione. Perché vedi… la gente comune, di un orientamento politico o dell’altro, che si alza la mattina per andare al lavoro, non deve essere divisa, ma unita per fare del bene alla comunità e al territorio. Mi dispiace solo che il programma e i progetti fatti insieme a Mauro Mari siano stati portati avanti senza di loro.

Qual è la cosa che ti rende più fiero? 

Aver riportato alla gente una città che volevano portar loro via. L’area Lenzi, il “cuore” di Quarrata sarebbe andato in mano ad estranei, visto che un comitato aveva già preso contatti con una grossa finanziaria per fare speculazione. La Màgia, che doveva finire in mano a una cordata di imprenditori quarratini per farci pura speculazione edilizia, smembrando villa giardino e terreni. In quel periodo abbiamo messo un fermo alla speculazione selvaggia e abbiamo riportato ciò che ci appartiene sotto il controllo dell’Amministrazione Comunale, ovvero della Comunità.

Cosa invece avresti voluto fare?

Avevo trovato un accordo con la Penn Sate University, che avrebbe preso in affitto Villa La Màgia portando una settantina di ragazzi. Sarebbe dovuta venire la sezione design della facoltà di architettura di Firenze. Così facendo, oltre ad avere introiti cospicui, saremmo stati connessi alla cultura e avremmo portato gente a Quarrata. Avrei voluto fare anche la Quarrata Gas: dopo una battaglia legale vinta con ENI, Quarrata era proprietaria della rete del gas. Il traforo Quarrata – Vinci, che doveva essere una galleria di 5.400 metri. E Poi, come hai già scritto, avevo preso contatti con i vertici di IKEA. Queste cose sono mancate, perché non ho avuto il tempo, o per altri motivi che non sto ad elencare.

Cosa vuoi dire ai tuoi concittadini?

Voglio dire che ho un ricordo bellissimo di quei quattordici anni. Voglio bene a tutti, e voglio dire un’altra cosa: specialmente in questo brutto periodo può venire lo scoraggiamento, col lavoro che manca e le incomprensioni in famiglia! Ma bisogna concentrarci sulle cose fondamentali, di cui la più importante è che l’uomo è fatto per amare e per essere amato.

Questo è Stefano Marini: un “progetto di completezza umana”. Le risposte a questa intervista potrebbero appartenere a un sacerdote, oltre che a un sindaco. È un po’ come se Stefano Marini fosse, insieme, Peppone e don Camillo!

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