di Daniela Gori
settembre 2019
In questa stagione settembrina, in cui sono stese a seccare al sole le nappe di panìco, torniamo a parlare della coltivazione e produzione di questa graminacea a cura della cooperativa, 3P (Produttori pistoiesi di panìco), con sede a Ferruccia nella zona del Mollungo. Della piantina destinata a nutrire canarini e uccellini domestici e della tradizione che per anni è stata portata avanti dai contadini della piana pistoiese ne aveva già parlato anche il nostro compianto Giancarlo Zampini nel numero di Noidiqua di settembre 2010.
Come raccontavamo, il panìco pistoiese è sicuramente fra i più apprezzati al mondo, considerato che ancora oggi una parte della produzione viene esportata in vari paesi europei, anche nell’est. Oggi come allora, è il signor Domizio Tasi, presidente della cooperativa e principale produttore a parlarci di questo tipo di coltivazione. «Il nostro panìco è di alta qualità, ma purtroppo siamo rimasti in pochi a produrlo. Da 55 soci che eravamo siamo adesso una decina, perché le persone anziane a poco a poco cessano l’attività, i giovani sono più attratti dalle piante del settore vivaistico, e per di più ci sono sempre più difficoltà nel portare avanti questa coltivazione, attaccata in modo massiccio da una miriade di passerotti e piccoli uccelli». E per evitare che il 50% del raccolto venga mangiato dai volatili, nei campi di panìco sono posizionati dei detonatori a gas regolati da un timer, che a cadenza regolare fanno un botto che dovrebbe spaventare i pennuti.
«In realtà ormai i passeri della zona si sono abituati e hanno capito che questi “cannoni” fanno un gran rumore ma sono innocui. Tra l’altro i passerotti non sono tra le specie cacciabili e quindi si sono riprodotti in modo esagerato. I cannoni invece disturbano il vicinato, e spesso le persone vengono a lamentarsi: io li capisco, hanno ragione, ma chiediamo un po’ di pazienza, si tratta in fondo di tollerare questi botti per una quarantina di giorni, che per noi servono a non farci buttare via tutto il nostro lavoro. Infatti se la nappa di panìco è stata attaccata dai passerotti diventa di colore nerastro e spelacchiata, non è più vendibile» dice Domizio Tasi.
Come è tradizione dai tempi dei tempi, il panìco viene seminato a maggio e matura tra agosto e i primi di settembre. Alla raccolta fatta a mano con l’utilizzo della falce, viene dedicato il finire dell’estate. Le nappe, che sono tipo pannocchie, vengono tagliate in modo da lasciare il gambo. Nell’aia legate a mazzi di circa trenta nappe, vengono fatte seccare su dei tubi di ferro e durante i mesi successivi, il panìco ormai secco viene confezionato e mandato ai distributori, che poi lo venderanno a negozi e supermercati di tutta Italia e anche di oltre confine.