di Carlo Rossetti
Ho scritto più volte, purtroppo, che la perdita di un amico influisce sulla nostra vita, per ciò che inevitabilmente ci sottrae, in quanto l’esistenza si nutre e ha bisogno di un sentimento come l’amicizia. All’elenco di amici che nel giro di pochi anni se ne sono andati, si aggiunge ora Vinicio Gai, a cui mi lega un profondo affetto e una sincera riconoscenza, per il significato che la sua vicinanza, la sua frequentazione hanno contribuito a dare alla mia vita, durante il lungo sodalizio che ha avuto inizio nei primi anni della giovinezza e che non si è mai interrotto. Parlo volentieri di lui, ma nello stesso tempo il tentativo di rendere appieno la sua statura di uomo e di studioso, s’infrange nell’impossibilità di descrivere compiutamente la sua personalità.
Personaggio di spicco della cultura, è stato uno dei più eminenti studiosi in fatto di Musicologia e Organologia, discipline che gli erano valse il riconoscimento del mondo accademico internazionale e un posto preminente nell’ambito musicale. Aveva iniziato lo studio della musica presso la Banda Comunale di Quarrata, in cui entrò giovanissimo a far parte come suonatore di corno, proseguendo poi gli studi presso il Conservatorio di Firenze, dove insieme al diploma di corno prese anche quello in pianoforte. Fece parte dell’Orchestra del Maggio Fiorentino, dell’Aidem, con le quali fece tournée in Spagna e in Turchia, e con un’orchestra da camera americana prese parte a concerti in università tedesche. Esperto della lingua italiana per la quale aveva un interesse particolare, aveva collaborato con la Utet nella pubblicazione di un’enciclopedia, compilando alcune voci relative alla musica. Numerose sono le sue pubblicazioni derivanti dai suoi studi sull’organologia, ma altrettanto nutrita è la miriade di articoli, di saggi di altri argomenti di musica, che hanno trovato ospitalità su specializzate riviste del settore. Dotato di una cultura enciclopedica, lo si poteva ascoltare per ore e ore, sempre in grado di esprimersi con assoluta competenza, anche quando non era più la musica a essere oggetto di argomento. Rigoroso negli studi, nelle sue ricerche, era altrettanto scrupoloso nella vita, con un rigore morale, un’attenzione per le regole, per il rispetto altrui, che lo facevano apparire anacronistico per l’epoca in cui viviamo.
Bibliotecario e conservatore degli strumenti musicali antichi, presso il Conservatorio “L.Cherubini” di Firenze, ha insegnato all’Istituto di Paleografia musicale associato al Pontificio Istituto di Musica Sacra di Roma, all’Università autonoma di Madrid e di Parma, candidato alla direzione del Museo degli Strumenti Musicali di Berlino,è stato un punto di riferimento per coloro che hanno interessi nel campo musicale e non soltanto per gli specialisti. Inoltre era considerato un’ autorità in fatto di liuteria, tanto da essere presente nei convegni in Italia e all’estero, in cui veniva presa in esame la materia. Il suo nome figura infatti nel “Dictionnaire Universel des Luthiers” di Claude Lebet. Numerosi i premi che nel corso degli anni ha ricevuto, dal Premio della Presidenza del Consiglio, al Premio testimonianza del Rotary Club Firenze, dal Premio Columbos, in Palazzo Vecchio a Firenze, al Cino da Pistoia, dalla Cittadinanza Benemerita di Quarrata all’onorificenza di cavaliere al merito della Repubblica italiana, per giungere al Premio di Liuteria della Città di Cremona, l’ultimo in ordine di tempo, tralasciandone altri che hanno contrassegnato la sua brillante carriera.
Da notare che tali riconoscimenti, tappe significative di un percorso professionale, erano da lui stesso minimizzati se qualcuno gli dimostrava il proprio compiacimento. La sua modestia era tale da indurlo quasi a scusarsi, non ritenendosi meritevole del premio, atteggiamento che rafforzava in chi lo ascoltava il convincimento che l’attribuzione non poteva essere più appropriata. Era anche la maniera semplice di porsi e la modestia che apprezzavamo in lui e che lo rendevano amabile, pronto a citare un pensiero di Socrate:“Io so di non sapere”. Anche se non vorrei fare questa analogia, semplicistica per una persona come lui, non posso fare a meno di pensare alla sua scomparsa, come a un grande computer contenente pensieri, concetti, apprendimenti, informazioni, notizie, curiosità, sentimenti, un bagaglio culturale e umano di inestimabile grandezza insomma, che si è spento per sempre. Sono tante le persone che attraversano la vita di ognuno noi senza però lasciare un segno, un ricordo particolare; altre invece che incidono nel profondo in modo significativo, lasciando una traccia indelebile dentro di noi. Questo è stato ed è per me Vinicio Gai.