di Daniela Gori
giugno 2016
Cosa spinge un giovane ad andare lontano da casa, in un Paese sconosciuto, in cui la lingua del posto è ostica e neanche un amico per condividere ogni tanto qualche momento libero? Sicuramente non è semplicemente il bisogno di trovare lavoro, o perlomeno non è stata solo questa la molla che ha portato a vivere in Asia, Yuri Liuzzo, di Valenzatico. Un giorno ha saputo che a Hong Kong c’era un ristoratore italiano che cercava un aiutante di cucina “europea” ed ha voluto provare. «Mio figlio ci ha sempre detto che avrebbe voluto provare a lavorare all’estero, almeno per un po’. Io pensavo volesse andare in Inghilterra, o in Germania, come fanno molti giovani dopo il diploma, per imparare meglio le lingue. Certamente non immaginavo che sarebbe andato così lontano» racconta Sara, la mamma di Yuri.
Perché a portare questo giovane di 25 anni a fare lo chef in Asia, non è stato soltanto il desiderio di lavorare, quanto l’intraprendenza e la curiosità di vedere stili di vita diversi e mondi lontani, dove tutto, dalla lingua al paesaggio naturale, appare insolito e stimolante. Situata in mezzo al mare nella parte meridionale della Cina – ci vogliono circa 22 ore di viaggio in aereo per arrivarci – Hong Kong è lontana da noi, e non soltanto dal punto di vista della distanza. Una città tra le più importanti al mondo per l’economia e la finanza, con altissimo tasso di densità di popolazione, tutta grattacieli, uffici e musei. Niente di più diverso dalla piccola e rassicurante Valenzatico, dove Yuri abitava con i genitori e il fratello minore. Ma forse a 23 anni, perché questa era l’età di Yuri quando ha lasciato l’Italia, credere nelle proprie capacità e sentirsi il mondo nelle proprie mani significa poter fare le scelte che influenzeranno e realizzeranno i sogni del futuro. «Nostro figlio dice che là è tutto più semplice» spiegano mamma Sara e babbo Giuseppe «tutto funziona in modo perfetto: la burocrazia, i trasporti, i servizi». Neanche per la lingua Yuri ha trovato grosse difficoltà, perché alla scuola alberghiera aveva studiato l’inglese che laggiù è una delle tre lingue ufficiali, insieme al cantonese e al cinese.
«Gli orari di lavoro poi sono rispettati, gli straordinari pagati, il contratto è regolare. E lo stipendio è più alto che qui, anche se bisogna considerare che la vita laggiù è un po’ più cara. Laggiù tutti hanno le stesse opportunità, perché non viene data importanza all’età, ma vengono premiate l’intraprendenza, le competenze e le buone capacità relazionali. Qui invece i giovani partono svantaggiati, devono fare la gavetta prima di farsi valere sul lavoro. Adesso Yuri è diventato chef con sette sottocuochi cinesi subordinati a lui, e nel frattempo ha fatto un corso per la Ferrero, e realizza i cioccolatini pralinati durante gli show cooking alle varie fiere» ci dicono i genitori del giovane. Ma di tornare in Italia, di nostalgia, non ne parlate mai? «Per adesso no» dice la mamma «È tornato qui in vacanza a novembre scorso. Ci mandiamo un messaggino tutte le mattine, ogni tanto ci telefoniamo. Certo, ci manca. Ma quello che fa contenti i figli fa contenti anche noi».