Piero Pacini – pittore copista

Piero Pacini – pittore copista

di Marco Bagnoli

dicembre 2019

A vederseli tutti quanti riuniti nel salotto del tuo vicino di casa ti viene un po’ da chiederti cosa ci facciano tutti questi Fiamminghi che ti fissano dalle cornici. Poi fai quattro chiacchiere col padrone di casa e tutto sembra farsi più chiaro.

Piero Pacini, classe 1953, sono circa trent’anni che dipinge per diletto. Eppure nella vita si è sempre occupato di tutt’altro, con un diploma di ragioniere e un paio d’anni di filosofia all’università, senz’alcuna esperienza precedente nel campo dell’arte, né sua né di nessun’altro in famiglia. Poi un giorno, trovandosi con degli amici a passeggiare per le sale della Biennale dell’antiquariato di Firenze, avvenne l’incontro con la pittura. Tutto per merito di un suo amico, del tutto refrattario alla bellezza di un dipinto, che a un bel momento si mise a richiamare l’attenzione di tutti dicendo di avere finalmente trovato un quadro che lo colpiva. Era un Bruegel figlio, prezzo dell’epoca un miliardo e 750 milioni. Piero, non disponendo al momento delle finanze necessarie all’eventuale acquisto si propose allora di ridipingerselo lui il Bruegel figlio, tra le risate del gruppo. Quando poi anche gli altri tentarono a loro volta di dipingerlo, senza successo, allora smisero di ridere, e iniziarono a guardare con interesse quello che stava tirando fuori Piero, lui per primo sorpreso dalle innegabili capacità che sembrava rivelare.

Da allora, salvo una non indifferente pausa di quindici anni, Piero ha dipinto copie dei grandi dell’arte, dal 1400 ad oggi. Ha iniziato dal nulla, semplicemente per imitazione dei quadri originali, trovandosi a che fare con i colori a olio senza averne mai sentito prima nemmeno l’odore. Il suo primo lavoro era un Bruegel, “Pattinatori sul ghiaccio con trappola per uccelli”. Fin da subito si è reso conto che ridipingere un quadro significa entrare il più possibile nella testa e nello spirito del suo autore, ritrovandosi così a compiere dei lunghissimi viaggi stando seduto davanti alla tela in casa sua, riuscendo a comprendere appieno quello che l’artista voleva dire. Per fare questo Piero si è documentato a fondo, cercando di copiare il quadro ma soprattutto il pittore, rifacendosi anche ad autori illustri del passato come Cennino Cennini, che spiega i colori del Quattrocento.

Alcuni quadri rispettano le dimensioni originali, altri no, sono delle riduzioni e in questo forse ancora più difficili da riprodurre. Perfino le cornici sono sottoposte alla medesima cura quasi maniacale, essendo assemblate e dipinte con le tecniche e i materiali più adeguati, dalla gomma lacca alla foglia oro. Nel corso degli anni Piero ha fatto la conoscenza di Durer, Olbain il giovane, Louis de Morales, Carel Fabritius, ma anche Vermeer, Michelangelo e ovviamente Leonardo: è stata completata solo a giugno la Dama con l’ermellino, giusto in tempo per la ricorrenza del cinquecentenario dalla morte del genio. Non poteva mancare l’Ottocento, con un Degas ancora in lavorazione, o con Baldi e Signorini per l’Italia.

Non ne ha dipinti poi molti, forse quaranta-cinquanta, alcuni regalati, un paio venduti, quasi tutti in casa a farsi guardare. Ha organizzato qualche mostra, qua ad Agliana, a Prato e a Castiglion dei Pepoli alcuni anni fa, questa particolarmente bella perché allestita in una vecchia galera, tipo Uffizi. Piero si è anche cimentato nella riproduzione di ritratti presi da foto, come quello della figlia Alice, o come altre scene provenienti da mezzo mondo, magari proprio dal mezzo mondo da lui visitato nel corso degli anni, dall’India al Messico, dalla Tunisia a Cuba.

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